INTERROGAZIONE DI ATTUALITÀ A RISPOSTA IMMEDIATA
Premesso che:
in data 11 aprile scorso è stata rinvenuta una carcassa di cinghiale infetto da PSA fra
Fornovo Val di Taro e Varano de Melegari, in provincia di Parma;
la notizia è stata diffusa a mezzo stampa. In particolare, il direttore del periodico online
“Alimentando” – importante rivista in materia agroalimentare – dott. ,
descrive la notizia e i suoi risvolti per il territorio parmigiano ed emiliano romagnolo
usando le seguenti parole: “Eravamo seduti su una bomba nucleare. Lo sapevano tutti
ma si è fatto poco o nulla. Oggi la bomba è scoppiata fra Fornovo e Varano, provincia
di Parma, dove è stata ritrovata la carcassa di un cinghiale affetto da peste suina
africana. Siamo dunque nel regno del prosciutto di Parma e dei vari salumi
associati. Una catastrofe annunciata che proietta Langhirano, e i suoi stabilimenti,
all’interno di una zona con un altissimo indice di rischio. Ed è il preludio al blocco
delle importazioni da parte di molti Paesi. Il Canada in primis. Seguiranno anche gli
Stati Uniti? Difficile fare previsioni”;
considerato che:
l’accorato allarme lanciato a mezzo stampa per le sorti della filiera del prosciutto di
Parma è emblematico della serietà della situazione che rischia di arrivare ad un punto di
non ritorno;
se l’Italia è la regina europea dei prodotti di qualità con 171 tra prodotti DOP
(denominazione di origine protetta) e IGP (indicazione geografica protetta) su 780
riconosciuti in Europa, il Prosciutto di Parma è sicuramente il re dei prosciutti italiani nel
mondo. Tra i primi prodotti agroalimentari italiani ad ottenere il riconoscimento europeo, il Prosciutto di Parma vanta ormai dodici anni di qualità riconosciuta dal
marchio D.O.P. e garantita dal Consorzio del Prosciutto di Parma;
a rischio, quindi, c’è una filiera – tutta emiliana – da 850 milioni di euro alla produzione
(1,7 miliardi al consumo);
considerato altresì che:
analoga situazione la si registra nella provincia di Piacenza, l’unica ad avere tre salumi
marchiati D.O.P.;
secondo quanto riportato dalla “Fondazione Qualivita”, i tre Salumi DOP Piacentini –
coppa, salame e pancetta – sono un prodotto di alta qualità rappresentativo del ricco
paniere dei prodotti tutelati dell’Emilia-Romagna che – nel comparto food – è la regione
leader nazionale per valore economico generato dai prodotti DOP IGP grazie ad un
valore alla produzione di 3.514 milioni di euro generato da 44 filiere DOP IGP e dal lavoro
di 5.952 operatori (Dati Rapporto Ismea-Qualivita 2023);
i tre Salumi DOP piacentini generano un valore al consumo di 50 milioni di euro, grazie
al lavoro di oltre 77 operatori sul territorio. A fare da traino in particolare, la filiera della
Coppa Piacentina DOP che tocca un valore al consumo annuo di 20 milioni € frutto di
781 tonnellate di prodotto. Seguono la filiera della Pancetta Piacentina DOP con 11,5
milioni € di valore al consumo per 589 tonnellate di prodotto e quella del Salame
Piacentino DOP che vale 18,5 milioni € di valore al consumo grazie a 809 tonnellate
prodotte (Dati Consorzio Salumi DOP Piacentini);
dato atto che:
la strategia messa in campo dalla Regione Emilia-Romagna si è rivelata, quantomeno,
inadeguata in quanto da subito fondata pressoché esclusivamente sulle limitazioni
all’attività venatoria;
in sostanza, la Regione Emilia-Romagna ha sempre temuto, per mere ragioni di
opportunità politica, il via libera al mondo venatorio per il depopolamento del cinghiale
a contrasto della PSA e per paura delle componenti più ambientaliste della maggioranza
di centrosinistra, si è preferito da subito limitare gli idonei alle operazioni di
abbattimento; solo grazie alle sollecitazioni provenienti dai territori, dai mondi agricolo e venatorio
nonché da questi banchi, la Giunta della Regione Emilia-Romagna, ha ritenuto di
modificare il Regolamento per la gestione degli ungulati in Emilia-Romagna
(Regolamento regionale 27 maggio 2008, n. 1), eliminando i vincoli precedentemente
fissati per il numero massimo di esemplari di cinghiali prelevabili e semplificando –
seppur con ancora alcune limitazioni – l’attività di caccia in braccata;
ritenuto che:
tale intervento – seppur apprezzato – risulta quantomeno tardivo e rischia di essere
insufficiente per una vera e propria eradicazione della PSA dal territorio emilianoromagnolo se non accompagnato da incentivi ai cacciatori locali per condurre l’attività
di depopolamento. Incentivi che, le attuali disposizioni, per nulla contengono. Anzi,
anche a fronte dell’impossibilità di poter conservare la carne di cinghiale sana, l’attività
venatoria si sta trasformando in un vero e proprio onere per i cacciatori, già alle prese
con problemi quali caro prezzi e lupi; accanto all’implementazione della strategia di contenimento al virus, occorre che la
Regione si adoperi per la messa in sicurezza della filiera agroalimentare. Come ricordato
dagli allevatori di suini in occasione dell’incontro con l’assessore Mammi in Provincia di
Piacenza “il rischio di assistere alla distruzione di attività imprenditoriali radicate sul
territorio a cui garantiscono un rilevante valore economico e sociale è veramente
elevatissimo (non è purtroppo utopia immaginare l’estinzione delle produzioni della
salumeria DOP)”;
la Regione Emilia-Romagna deve quindi attivarsi in ogni modo per la salvaguardia del
comparto salumi – agroalimentare a rischio;
interroga la Giunta per sapere:
ad oggi, a quali risultati per il contrasto alla PSA abbia condotto la strategia messa in
campo dalla Regione Emilia-Romagna;
se intenda implementare la strategia di depopolamento dei cinghiali avviata con
incentivi agli ATC e alle squadre di cacciatori locali per la conduzione degli abbattimenti;
quale strategia intende mettere in campo per la messa in sicurezza del comparto
suinicolo e della filiera dei salumi emiliano – romagnoli (in primis DOP Piacentine e
Prosciutto di Parma).
Documento Integrale: https://wwwservizi.regione.emilia-romagna.it/oggetti/doc/XI/OGPG2024009740.pdf