“Dai dati emerge che Piacenza e le aree montane restano in sofferenza. Servono incentivi veri, stabilizzazioni e collaborazione istituzionale, non autocelebrazioni regionali”
«La risposta dell’Assessore Fabi alla mia interrogazione n. 1081 conferma quello che denunciamo da tempo: la Regione Emilia-Romagna continua a rincorrere le emergenze nella medicina di base, senza una programmazione efficace e senza politiche di attrazione del personale sanitario nelle aree periferiche e montane».
Lo afferma il consigliere regionale Giancarlo Tagliaferri (Fratelli d’Italia), replicando alla nota con cui l’Assessorato ha illustrato il piano regionale di attuazione delle AFT e delle UCCP e le misure “temporanee” per fronteggiare la carenza dei medici di medicina generale.
«L’Assessore parla di processi “sistemici e strutturali”, ma i risultati restano modesti: mancano oltre 450 medici di medicina generale in Emilia-Romagna, con una carenza più grave a Piacenza, Parma e nelle zone montane di Reggio, Modena e Bologna. La stessa Regione ammette che per garantire la continuità assistenziale ha dovuto ricorrere a incarichi a tempo determinato e al mantenimento in servizio di medici oltre i 70 anni. È la fotografia plastica di un sistema che vive di proroghe e di emergenze croniche.»
Il consigliere di Fratelli d’Italia richiama poi i dati nazionali:
«Secondo il Ministero della Salute, nel 2025 in Italia mancano oltre 4.500 medici di medicina generale, ma il Governo Meloni ha già attivato un percorso concreto per invertire la rotta:
aumento dei fondi per la formazione triennale in medicina generale (+30%);
semplificazione delle procedure di accesso e riconoscimento dei titoli;
incentivi economici e fiscali per i giovani medici che scelgono le aree interne o montane;
nuovi standard territoriali definiti dal DM 77/2022 e integrati con la Missione 6 del PNRR, che rafforzano l’assistenza di prossimità e l’integrazione tra medicina di base e servizi ospedalieri.
Mentre il Governo investe per potenziare il sistema nel medio periodo, la Regione Emilia-Romagna preferisce autoincensarsi per aver “anticipato” modelli organizzativi che però non hanno risolto nulla: le Case della Comunità funzionano a metà e gli stessi professionisti lamentano carichi di lavoro insostenibili e scarsa chiarezza sui ruoli.»
Tagliaferri evidenzia inoltre un punto di metodo:
«La risposta regionale ignora la questione cruciale delle diseguaglianze territoriali: la densità dei medici di base varia da 1 ogni 1.180 abitanti a Bologna a 1 ogni 1.520 a Piacenza, con punte di oltre 1.800 in alcuni comuni appenninici.
Eppure, i cittadini pagano le stesse tasse e dovrebbero avere gli stessi diritti sanitari. È un principio costituzionale di equità che la Regione sembra dimenticare.»
Il consigliere conclude:
«Ringraziamo l’Assessore per l’ennesimo documento di auto-valutazione, ma la realtà è sotto gli occhi di tutti: servono medici, non delibere.
Il Governo Meloni sta costruendo un sistema sanitario moderno, integrato e meritocratico; la Regione Emilia-Romagna, invece, continua a celebrare sé stessa mentre i cittadini fanno la fila per scegliere un medico che… non c’è. E allora sì, qualcosa è cambiato: oggi i “pazienti cronici” non sono solo quelli delle AUSL, ma anche le politiche sanitarie regionali.»
