Il consigliere di Fratelli d’Italia Giancarlo Tagliaferri: “Atto nato per rispettare una scadenza, servono trasparenza, attenzione ai territori e politiche integrate su casa e lavoro”
«Il “Piano regionale per il contrasto alla povertà 2025-2027” ai sensi del D.lgs. 147/2017 – dichiara il consigliere di Fratelli d’Italia Giancarlo Tagliaferri,– è stato approvato con molte ombre, sia nel merito che nel metodo. In Commissione ci sono stati presentati determinati dati, in Aula ne abbiamo sentiti altri ancora più aggiornati, ma il piano resta costruito su numeri già superati nel momento stesso della sua approvazione. Sembra più un atto da chiudere entro fine mese per ragioni amministrative che uno strumento realmente tarato sulla realtà sociale dei nostri territori».
Tagliaferri sottolinea come il documento non colga fino in fondo la trasformazione del quadro sociale emiliano-romagnolo:
«I dati più recenti indicano che la povertà in Emilia-Romagna è raddoppiata in pochi anni, passando dal 3,2% del 2019 al 6,8% del 2023. Parliamo di migliaia di famiglie in difficoltà, di 8.400 persone in povertà estrema, del fatto che appena 28 giovani ex minori non accompagnati riescono a raggiungere una vera autonomia abitativa. Di tutto questo il piano non tiene pienamente conto: si continua a ragionare su fotografie vecchie, mentre la realtà corre molto più veloce».
Altro punto critico è l’uniformità dell’impianto:
«Il territorio regionale non è tutto uguale. Piacenza non è Bologna, la montagna non è la costa, i piccoli Comuni non hanno le stesse strutture amministrative delle città capoluogo. Eppure l’approccio del piano è sostanzialmente omogeneo, come se le fragilità sociali fossero identiche dappertutto. Così si rischia di non vedere le specificità di province come quella di Piacenza, dove l’aumento del costo della vita, degli affitti e dei mutui pesa fortemente su famiglie, anziani e giovani coppie».
Tagliaferri richiama anche la questione delle risorse:
«Nel biennio parliamo di circa 124 milioni di euro, ma oltre l’80% dei fondi che alimentano il piano arriva dal Fondo nazionale Povertà, dal PNRR, dai fondi europei e dalle risorse statali per il rafforzamento dei servizi sociali. Senza questi canali nazionali ed europei, il piano regionale non avrebbe copertura. È giusto dirlo con trasparenza ai cittadini: la Regione fa da gestore di risorse che vengono in gran parte dallo Stato, non l’inverso».
Da qui le richieste di Fratelli d’Italia:
«Chiediamo, primo, una rendicontazione pubblica, puntuale e annuale, provincia per provincia, su come vengono spese le risorse e su quanti cittadini escono davvero dalla povertà grazie a questi interventi. Secondo, una maggiore differenziazione territoriale, che dia più peso ai distretti socio-sanitari e sostenga i piccoli Comuni. Terzo, una integrazione vera tra politiche sociali, occupazionali, formative e abitative: non si combatte la povertà se casa, lavoro e servizi viaggiano su binari paralleli che non si incontrano mai».
Al centro, per Tagliaferri, resta il tema della dignità:
«La dignità non nasce da un sussidio, ma dal lavoro, dalla possibilità di pagare un affitto, di mettere su famiglia e sentirsi parte di una comunità. Una società giusta non è quella che assiste senza fine, ma quella che mette le persone nella condizione di rialzarsi. È questo il cambio di passo che chiediamo alla Regione Emilia-Romagna: meno automatismi amministrativi, più trasparenza, più attenzione ai territori e più coraggio nel legare casa, lavoro e inclusione sociale in un’unica strategia concreta».
